Il 15 Febbraio 2010 lo ricorderò per sempre. Il 15 febbraio è la data in cui un vecchio dolore si è risvegliato. Il 15 Febbraio Obelix, detto Bobo, se n’è andato via per sempre. Ha lasciato la sua famiglia in silenzio come in silenzio era arrivato.
Obelix era un cagnone di quasi 10 anni, cinque dei quali trascorsi in canile, dove era approdato, nessuno sa come, quando di anni ne aveva uno. Sarebbe rimasto uno dei tanti cani disperati in cerca di famiglia, sarebbe rimasto uno dei tanti meravigliosi esseri che pian piano si spengono nelle gelide cellette dei canili, senza nessuno che lo ami, senza mai una carezza, senza una coperta calda dove sdraiarsi. Nessuno aveva voluto adottare Obelix fino a quel momento. Obelix, incrocio pastore tedesco, non piaceva. Non era lo standard del cane che può piacere: era grasso, Bobo, senza la coda e con le orecchiette all’ingiù di fianco al musone enorme. Inoltre era malato Obelix: aveva la tiroide, che lo faceva ingrassare, ed un leggero diabete da tenere sotto cura. Forse questi sono i motivi per i quali fu abbandonato in canile da cucciolo, e sicuramente sono gli stessi motivi per i quali tanti aspiranti adottatanti passavano oltre la sua cella, dove Bobo se ne stava in silenzio, senza più sperare.
Dopo cinque anni però, la sua foto ed il suo appello, fatti girare su internet da chi non si arrendeva, da chi voleva per lui una meritata felicità, arrivarono agli occhi di Marghe e Fabrizio, i miei vicini di casa. Da poco si erano trasferiti in questa villetta a due piani, e da tanto Marghe voleva di nuovo con sé un cane. Sarebbe stato il primo per suo marito, e l’ennesimo per lei. Fu amore a prima vista, fu il cuore che si aprì per lasciare spazio alla speranza di potergli dare un futuro felice. Non vollero nemmeno incontrarlo personalmente. Spedirono la richiesta di adozione, e dopo qualche colloquio, Obelix arrivò a casa loro, con la sua valigia carica di paura verso l’uomo e di problemi di salute. Ma insieme, tutti e tre, sarebbero andati oltre. Oltre l’apparenza, oltre ogni ostacolo.
Dopo Obelix, per casi fortuiti, arrivarono anche Nano, un cucciolo di pastore tedesco trovato tra i rifiuti, e White, un simil labrador che sarebbe dovuto permanere solo qualche giorno in attesa di adozione. Con il tempo l’equilibrio arrivò, e con il tempo l’amore crebbe.
Conobbi Obelix lo stesso giorno che mi trasferii qui e subito provai per lui un amore infinito, non che per Nano e White non provi affetto, ma la sua storia, il suo passato, avevano catturato il mio cuore. Non era troppo socievole Obelix, faceva le feste quanto basta per dimostrarti la sua presenza e poi se ne andava a cuccia a dormire, si muoveva goffamente per la stanza e altrettanto goffamente correva quando sentiva odore di biscottini. Lo prendevamo dolcemente in giro io Marghe, dicevamo che un giorno, sebbene lui non ne avesse avuto mai voglia, lo avremmo portato in un bel prato dove avrebbe corso tantissimo alzando ed abbassando le orecchie come avrebbe fatto un segugio…
Ed era goloso Obi, il cane più goloso che mai abbia conosciuto….
Il mio primo pensiero entrando a casa dei miei vicini era per Obelix, ed il primo nome fu il suo quando regalai loro la targhetta da appendere alla porta “qui abitano Obi, Nano e White”.
L’ultima volta che vidi i suoi occhioni meravigliosi fu tre giorni fa. Ero andata a trovarlo perché da qualche giorno non si sentiva bene, Non mangiava, si nascondeva nei posti più improponibili del giardino, non voleva entrare in casa nemmeno di notte, quando ancora faceva tanto freddo per stare anche solo nella sua meravigliosa cuccia fatta a mano da Fabrizio. Lui se ne stava li, dentro la casetta di legno, con il grande muso tra le zampe e lo sguardo fisso su chiunque gli passasse davanti: “Ciao Obi, vado a lavoro, ci vediamo stasera”. Ma poi la sera non feci in tempo a passare, forse per stanchezza, forse per pigrizia. Chiamai Marghe durante la pausa e mi disse che la veterinaria era passata per fargli il prelievo, e che a breve avrebbero avuto tutti i risultati delle analisi. Ma io avevo capito, me lo sentivo, avevo davanti la mente gesti e sguardi che già avevo vissuto anni fa con la mia Zara.
Il lunedì fu San Valentino, la festa degli innamorati. Andammo a pranzo fuori tutti e quattro. La mattina dopo Bobo non c’era più. Alle due e mezza di notte, Marghe si alzò, scese in giardino, lui era li che la guardava. Mi raccontò di essergli stata accanto una buona mezzora, di averlo stretto forte a sé e poi di essere salita a dormire. Due ore dopo, suo marito era sceso in giardino, e Bobo, era sdraiato poco più avanti di dove lo aveva lasciato Marghe.. Solo che questa volta i suoi occhi meravigliosi erano semichiusi, spenti, e lui non respirava più. Aveva aspettato il giorno dopo la festa degli innamorati per andarsene via, voleva dichiarare con tutte le sue esili forze quanto amore provasse per la sua Marghe, prima di lasciarla per sempre, voleva trascorrere almeno le ultime ore di quella festa da poco passata, con gli unici umani che avevano visto oltre il suo essere obeso e malato, che lo avevano amato incondizionatamente. Non avrebbe potuto mai lasciarli proprio il giorno di San Valentino, senza nemmeno averli visti un’ultima volta.
La mattina del 15 Marghe mi chiamò sul cellulare. Mi abita accanto ma onestamente non ho capito o forse non ho voluto capire. “Ely, Bobo è morto….” Piangeva e credevo di non aver capito bene, me lo sono fatta ripetere due volte, poi mi sono precipitata a casa sua ed ancora non volevo credere,fino a quando non ho visto il grande sacco nero davanti la cuccia, l’ho scoperto e Bobo era li, il suo grande muso faceva capolino dalla busta, ed i suoi occhietti erano ancora semichiusi.
Ho sentito spezzarsi qualcosa dentro, ho sentito il mio cuore andare in mille, diecimila minuscoli pezzi, mentre le lacrime cadevano giù a fiumi e non riuscivo a fermarle, Una valanga di piccoli ricordi, vissuti in un tempo brevissimo, mi passavano davanti agli occhi.
Chi non ha mai posseduto un animale domestico, difficilmente potrebbe capire il dolore, il senso di impotenza, il vuoto che arrivano con la morte di un cane. Molti si limitano a dire: “ma era solo un cane”… e questo è uno dei motivi per i quali sono stata la prima a sapere della morte di Bobo. Perché solo io, tra tutte le conoscenze dei miei amici, sarei stata in grado di capire, anche lontanamente, il loro dolore, non li avrei giudicati, non li avrei derisi…. Ma avrei pianto con loro.
Poi ho iniziato a pensare ad Argo e Dea, a quanto dolore proverò quando non ci saranno più, a quanto senso di smarrimento avrò dentro percorrendo con la mente tanti anni di ricordi, a quante lacrime cadranno sfogliando le loro foto, guardando i loro video… e mi sono chiesta perché l’ho fatto. Perché ho deciso di adottare dei cani se poi a causa del loro amore incondizionato un giorno ne soffrirò la perdita, se mi vedrò camminare per casa chiamando i loro nomi, toccando le loro cose, guardando le loro cucce ancora calde di ricordi. Paura. Ho avuto paura di questo immenso dolore che proverò, e più li guardo oggi giocare, correre e mendicare mentre mangiamo, più il senso di angoscia sale. Ma ho deciso perché avere un cane è il primo passo che ci insegna ad amare, a rispettare, a proteggere i più fragili. E’ il primo passo che ci apre le porte verso l’essere amati incondizionatamente.
Stasera sono andata a cena da Marghe e Fabri, ho aperto la porta e sapevo che sarebbe stato inutile chiedere di Bobo, che lui non c’era più, sulla sua copertina accanto al divano. Bobo è stato portato via ieri, nel sacco nero, coperto da un lenzuolo bianco a fiorellini. Ho visto gli addetti del recupero salme animali, caricarlo a fatica sul camioncino, poi firmare i certificati di rito, ed allontanarsi per sempre. Bobo, che dal giorno in cui era arrivato a casa quasi quattro anni fa, non aveva più voluto salire in automobile, ora in un camioncino se ne andava via. Il giorno dopo San Valentino ed appena qualche minuto prima che iniziasse a piovere. Ho voluto credere che persino gli angeli stessero piangendo la sua morte, ma non di dolore, bensì di gioia, perché un’altra stellina avrebbe illuminato il loro cielo.
Ora Bobo è lissù, insieme agli altri cani, gatti, cavalli e animali che abbiamo amato, fortemente voluto, e disperatamente pianto, ma anche insieme a tutti gli altri che per il nostro egoismo non sono stati mai amati. Senza nessuno a far loro del male, nessuno a giudicare se sia giusto o sbagliato piangerne la morte. Forse Bobo sta correndo sul ponte dell’arcobaleno ora, poi guarda giù verso Marghe e Fabrizio e li ringrazia per i pochi anni di vita felice che gli hanno fatto trascorrere, li ringrazia per averlo scelto malgrado tutto, e di non averlo fatto morire, da solo, in una gelida cella del canile. Ma qui giù piove ancora, nei nostri cuori, e sulla strada. Domani forse il sole asciugherà l’asfalto, ma per i nostri cuori… no, li ci vorrà ancora tempo.
Ciao Bobo, non potrò dimenticarti mai…
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Bobo, Capodanno 2010