Finalmente riesco a sedermi un attimo e ritornare a voi, dopo un lungo periodo di latitanza.
Avevo accennato tempo fa, in un precedente post, che mi accingevo a cambiare casa. Ebbene, dopo la firma del preliminare in Luglio, lo scorso mese ho avuto il rogito con il mio compratore, e qualche settimana dopo, il rogito con il mio venditore.
Ad essere onesti, trovarsi nel mezzo tra acquisto e vendita è un gran casino, perchè sebbene abbia concesso tutto il tempo necessario al mio venditore per il trasloco, il compratore al contrario non ne ha concesso troppo a me: solo 15 giorni per raccattare pacchi e pacchetti e portarli alla nuova destinazione. Sarebbero pure sufficienti se ci si affidasse ad una ditta di trasloco, ma visto la capienza della nostra automobile, e dato che non avevamo mobilio, se non comò, comodini, frigorifero e divano (il resto è stato venduto) abbiamo creduto di potercerla fare da noi. A tale scopo ci ha raggiunti da Matera anche mio cognato per darci una mano. E che mano! Se non ci fosse stato lui credo che sarebbe stato impossibile finire in tempo. Ho consegnato le chiavi al mio acquirente il 15 Novembre, e portato via le ultime cose appena il giorno prima.
Devo forse dirvi il mio stato d'animo? In questi giorni, troppo impegnati anche solo per respirare, non ho avuto tempo di riflettere su ciò che stava accadendo nella mia vita. Un barlume di realtà mi ha sfiorata il sabato ultimo del trasloco: ho visto la casa vuota, i muri con i chiodini dei miei quadri, delle mie foto e delle mensole dove tenevo le mie cianfrusaglie, le camere erano tali e quali al giorno in cui ero entrata in quella casa sei anni fa. L'eco dei ricordi si confondeva con l'eco delle mie parole in un ambiente deserto.
Mi sono affacciata al terrazzo un' ultima volta, e per un ultima volta ho percorso con lo sguardo il luogo della mia infanzia e della mia adolescenza. Una strada ora asfaltata, su cui tante volte avevo giocato o chiaccherato con le mie amiche che ormai non abitano più li già da molti anni; ho osservato a lungo il balcone di fronte, dove mia nonna si sedeva per cucirmi i pantolani appena comprati, e dove si accoccolava Zara, il mio cagnone, che quando scendeva in strada con me annusava l'erba che ancora c'era. Il cielo era sempre lo stesso però, anche vent'anni dopo, sempre quello: bello, azzurro, candido come solo il cielo di Roma può essere.
E' stato allora che ho pianto per la prima volta davvero.
Era fatta, ormai quella casa non mi apparteneva più. Dal giorno dopo qualcun' altro ne sarebbe entrato in possesso, cancellando con nuova pittura ogni segno del mio passaggio.
Quella casa è rimasta nel mio cuore e nei miei ricordi: apparteneva a mia nonna che poi l'ha lasciata a me, ma nel frattempo ci avevo abitato, seppur per un breve periodo, con mia madre e durante quel periodo mia nonna stava qualche sera da noi a cena (ricordo che noi avevamo all'epoca i riscaldamenti condominiali mentre i miei nonni no, quindi durante quell'inverno gelido si trasferirono da noi). Poi mia madre cambiò casa e la mia venne affittata fino a quando non ne entrai in possesso definitivo molti anni dopo. Rimpiango di non averla vissuta di più, di non esserci andata ad abitare subito: ma i miei sogni di gloria non mi vedevano ancora con fissa dimora. Tanto la mia casa era li e mi avrebbe aspettata.
Fino a quando la sua porta si aprì: ma era un periodo nero, buio della mia vita, assai scuro e non l'ho vissuto bene. Un lungo periodo di agonia durato quasi un anno, fino a quando mio marito non è entrato nella mia vita portando una ventata di gioia anche tra quelle mura che troppe lacrime e troppe sofferenze avevano ascoltato.
Cinque anni trascorsi insieme li dentro: nel frattempo Argo e Dea erano approdati nella nostra vita sfatando il mito del "cane che non può stare in appartamento", figurarsi, ne sono cresciuti due, e pure grandi, tra quelle mura. Poi c'erano le feste con gli amici in una cucina sempre troppo piccola (non avevo un salone) ed il nostro tentativo di sfruttare il terrazzo con un gazebo (era l'anno dei mondiali !!) che una raffica di vento per poco non fece volare via appena qualche mese dopo.
E pian piano il desiderio di una casa più grande, per noi, per i cani e per un figlio che verrà, speriamo. Abbiamo trascorso un anno a cercare quella che più si addiceva alle nostre esigenze: un bel giardino per i cuccioli (anche se poi stanno sempre attaccati a noi), un camino per mio marito (è fissato! Il primo giorno nella nuova casa ha affumicato il salone nel tentativo di accendere il fuoco) e una bella cameretta in più per me dove creare una specie di studiolo per il computer e il decoupage.
Questo ideale di casa significava una sola cosa: lasciare Roma. Aiuto, alla sola idea tremavo. Io che avevo trascorso tutta la mia esistenza in un quartiere (anzi due, tra Montesacro i primi dieci anni di vita e Tiburtina fino al fatidico 14 novembre) sarei stata catapultata in una realtà del tutto diversa. Per mio marito la differenza tra quartiere e provincia sarebbe stata del tutto ininfluente: lui ha lasciato casa a 18 anni, si è arruolato e da allora come unica dimora ha avuto solo caserme in giro per l'Italia, mai troppo tempo per affezionarsi ai luoghi. E poi se mai ti affezioni ai colleghi, difficilmente ad una caserma. Ma io??
Devo essere onesta, iniziarono molti battibecchi: da un lato non vedevo l'ora di andare via, anche per gravi motivi familari, e dall'altra mi sarei attaccata con uno stop alla parete del corridoio pur di non tuffarmi in una nuova e sconosciuta realtà. Sono diventata molto abitudinaria, come i miei cani, e i cambiamenti mi snervano. Insomma ero divorata dai dubbi: riuscivo a percepire solo il lato negativo del cambiamento. I miei vicini di casa andavano e venivano e io non riuscivo a pensare ad una realtà differente da quella. Proprio io che avevo amato viaggiare, che avevo persino pensato di non tornare mai più in Italia, ora non potevo concepire l'idea di allontanarmi anche solo di pochi metri dal mio quartiere. Insomma avevo i miei riti: il mio bar, il mio discount, la mia fermata del metrò per raggiungere qualsiasi punto della città. Avevo la calma restando in casa e la confusione raggiungendo il centro. Se calma si può definire vivere in un condominio pieno di casini è ovvio: della serie: tutti ti salutano, ti portano rispetto perchè non crei problemi, non litighi alle assemblee condominiali e non parcheggi a vanvera sotto casa, ma se potessero ti spedirebbero con tutti e due i cani in Timbuctù, e non perchè Argo e Dea siano due pelosi festidiosi, ma semplicemente perchè esistono. In un condominio di anziani e bambini, difficilmente i cani vengono tollerati.
Così a Marzo scorso l'ennesima ricerca di mio marito su internet: "l'abbiamo trovata!" ero abbastanza perplessa visto che dalla foto si vedeva solo un camino in pietro ed un soffitto in legno. E poi sto posto "Capena" ma ndo sta??? mi chiedevo... Esiste sulle mappe geografiche? E giù altro litigio.
Mi lasciai convincere e prendemmo appuntamento in agenzia, era un sabato gelido-gelido quando ci affacciammo per la prima volta su questo giardino, e quando entrammo in casa mi bastò un attimo affinchè tutti i dubbi che avevo avuto fino a quel momento svanissero: quella era la nostra casa.
Di tante villette viste, di tanti posti girati, di tante telefonate ricevute, quella sbucata da un sito internet di Roma Nord, pubblicizzata da un'anonima agenzia a gestione familiare, era la sola casa dove avrei potuto vivere se proprio avessi dovuto abbandonare anni di ricordi. Ma era bella, troppo bella per non essere venduta subito: cosi dalla mia avevo la speranza che fosse venduta in fretta cosi non avremmo avuto altre occasioni chiassà fino a quando ed avrei temporeggiato un altro pò. Ma a questo punto il destino ha deciso per me: tre mesi dopo ho ricevuto una proposta di acquisto per la mia casa: con la vendita avremmo pagato la nuova nonchè tutte le spese relative alla compravendita. L'agente immobiliare che seguiva il mio appartamento brandiva di sudore: sapeva che ero abbastanza lunatica, cosi avevo: mio marito che mi guardava in cagnesco e Daniele (un grande!!!) che brandiva sudore: ero una donna di potere hehehheh
Comunque andò cosi: a Luglio firmai il compromesso della nostra nuova casa; non ebbi però una vera reazione alla cosa: era solo una firma, mi dicevo: ma la botta arrivò tempo dopo durante i due rogiti: li non si sarebbe tornati indietro mai più. E così è stato.
La mattina del 15 Novembre ho consegnato le chiavi a Simone, il proprietario di casa "mia": come un bravo cicerone l'ho guidato su tutto ciò che c'era da sapere: tante piccole cose che magari quando abiti in un appartamento fai in automatico: staccare la corrente, chiudere l'acqua, controllare la caldaia, scrivere sul calendario la data della prossima riunione di condominio. Poi ho abbracciato la vicina, la signora Maria, che già piangeva dal giorno prima, e non mi sono voltata nemmeno mezza volta. Non ho voluto vedere la porta di quella che è stata la mia casa per tanti anni, chiudersi davanti ai miei occhi. Inutile sentirsi dire: "vieni quando vuoi, potrai vederla se avrai nostalgia", si sa che tanto poi non ci tornerai mai: perchè farà male, perchè non troverai più nulla che parla di te....
Ora sono qui: in quella stanza che avevo deciso sin dal primo istante che sarebbe diventato il mio studiolo. Abbiamo casa ancora piena di scatoloni, e le uniche due stanze complete per ora sono due delle tre al piano superiore (tra cui questa) e uno dei due bagni (quello al piano di sotto). I due giardini sono ancora da sistemare, per ora abbiamo messo in sesto quello posteriore, che affaccia sulla cucina (per altro primo ambiente che ho visto finito). Insomma c'e' ancora molto da fare, e credo che questo mi terrà impegnata per un pochino... solo tra qualche tempo sapremo davvero come si vive nella nuova casa, cosa significhi davvero aver lasciato i luoghi ed i ricordi di una vita...
Vi posto per ora un LO dedicato alla mia nuova casa, l'ho fatto per la gara a tema di Settembre il cui titolo era appunto "casa dolce casa", non abitandoci ancora però avevo inserito le stesse foto che l'agenzia ci inoltrò subito dopo il compromesso quindi si vedono oggetti e mobilio che non ci appartiene, ma appena avrò un briciolo di tempo e sopratutto riuscirò a recuperare la macchinetta fotografica nascosta in uno dei vari scatoloni, scatterò qualche nuova foto. Vorrei aspettare almeno che ci arrivi il mobilio nuovo prima di postare le foto del salone (anche perchè al momento è un deposito di pacchi e quadri) quindi eventualmente posterò qualche fotina delle stanze finite (ma prima ci attacco le cornici ^_^).
Dimenticavo: sono a trenta km da Roma... non lontanissimo certo, ma viverci è comunque un'altra storia.
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